Patologia prostatica

La prostata è una ghiandola specifica del sesso maschile e deputata al mantenimento della vitalità degli spermatozoi.

Posta subito al disotto della vescica (foto.1),

Patologia prostatica

foto.1

circonda il tratto iniziale dell’uretra, il canale che porta l’urina dalla vescica sino al di fuori del nostro corpo; possiamo pensare a questa parte dell’uretra come una sorta di tubo che inizia dalla vescica passa in mezzo alla prostata e termina all’esterno con il meato uretrale.

Immaginiamo la prostata come ad una piccola mela composta da due parti, la polpa interna al cui centro passa l’uretra ( che in questo tratto viene chiamata uretra prostatica) e una spessa buccia esterna o zona periferica.

Dalla parte più interna della prostata quella che circonda l’uretra origina l’IPERTROFIA PROSTATICA, mente dalla parte più esterna, la buccia o zona periferica, generalmente origina il CANCRO PROSTATICO.

Si tratta di due malattie assolutamente diverse per origine come pure per significato clinico.

1. IPERTROFIA PROSTATICA

Nel corso della vita dell’uomo, progressivamente nel tempo a partire all’incirca dai 40 anni, la porzione interna della prostata, la polpa della nostra mela esemplificativa, immediatamente a contatto dell’uretra, subisce delle trasformazioni che ne determinano un incremento del volume.

Tale incremento provoca una distorsione dell’uretra prostatica, quel tratto di uretra immediatamente al di sotto della vescica (foto.2), che l’urina deve percorrere per

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completare il tragitto che la porterà all’esterno del nostro corpo.

Questa distorsione , determina un rallentamento/impedimento nella fuoriuscita dell’ urina, esattamente come accade quando il tubo con cui si innaffia il giardino subisce una strozzatura; la vescica deve far fronte all’ostacolo aumentando la propria forza propulsiva e quindi il proprio lavoro.

L’incremento di volume della prostata, in questo processo noto con il nome di “ipertrofia prostatica”, puo’ determinare due diversi tipi di disturbi: il disturbo di vuotamento (il getto urinario diviene assai fiacco) o il disturbo di riempimento (si va molto spesso ad urinare, talora con urgenza) o talora entrambi.

Questi cambiamenti di volume sono estremamente lenti nel tempo, decenni talvolta, ed ecco perchè spesso non ci si rende conto della diminuita forza del getto urinario e a non far caso alla minzione più frequente.

Le complicanze legate all’ipertrofia prostatica sono legate alle conseguenze dell’ostruzione: attesa pre minzionale, infezioni urinarie recidivanti, ritenzione urinaria, calcolosi della vescica. La conseguenza ultima di una ostruzione non trattata, è una condizione chiamata ritenzione cronica incompleta d’urina con sovradistensione vescicale.

Nel tempo, teoricamente almeno, una ostruzione non trattata può infatti degenerare in una progressiva ed irreversibile diminuzione della capacità di contrazione della vescica, ritenzione cronica d’urina ( la vescica non riesce più a far fronte al superlavoro e si sovradistende); l’ urina trasporta dai reni troverà un ostacolo al passaggio in vescica, legato alla aumentata pressione vescicale , e quindi anche il sistema di trasporto dell’urine al di sopra della vescica si dilata e si può verificare una condizione di insufficienza renale.

DIAGNOSI

La diagnosi di “ipertrofia prostatica” è unicamente una diagnosi delle complicanze legata a questa.

Si indaga sulla presenza di disturbi (vuotamento e riempimento, come già detto), sulla entità dei disturbi, sulle limitazioni che questi determinano, sui cambiamenti della qualità di vita che i disturbi apportano.

Esiste un questionario specifico, studiato dalla società europea di urologia e tradotto dalle società nazionali, che indaga questo aspetto (foto.3)

foto.3 (cliccare per ingrandire)

Maggiori i disturbi riferiti dal Paziente, maggiore il punteggio e maggiori le possibilità che la condizione di ipertrofia prostatica abbia determinato una ostruzione significativa.

Accertamenti ulteriori sono la Flussometria: è un esame semplice che registra la velocità con cui viene espulsa l’urina; il risultato dell’esame è una curva a campana che mostra una fase di rapida ascesa, un plateau (un flusso stabile) ed una brusca diminuzione del flusso. Interpretando la forma della curva, il tempo relativo delle fasi, ed i valori di flusso (espressi in ml/sec) si ottengono informazioni sulle qualità del flusso.

L’ Ecografia della vescica fornisce informazioni sulla presenza di segni indiretti dell’ostruzione (ispessimento del muscolo vescicale) o sulle complicanze di questa e sulle dimensioni della ghiandola.

Perché un ispessimento del muscolo vescicale? Cosa significa?

Ricordate che abbiamo detto che in presenza di un ostacolo aumenta il lavoro che deve compiere la vescica per eseguire il proprio lavoro.

Il lavoro della vescica viene eseguito grazie ad una contrazione muscolare (il muscolo vescicale prende il nome di detrusore); analogamente a quello che accade quando si allena il bicipite a fare lavoro con dei pesi in palestra, in presenza di un carico di lavoro aumentato, aumenta la quantità di muscolo necessaria per svolgere il lavoro.

Ecco che come aumenta il volume del bicipite (pensate ai culturisti) in modo analogo aumenta lo spessore del muscolo della vescica.

Quindi se in ecografia si nota un ispessimento del detrusore, si può desumere che il detrusore stia facendo un superlavoro.

Talvolta l’ispessimento del detrusore e il contemporaneo aumento della pressione all’interno della vescica determinano la comparsa di diverticoli vescicali: il rivestimento interno della vescica viene sospinto all’esterno della parete muscolare in una sorta di piccola ernia.

Dalla ecografia desumiamo inoltre informazioni sul volume della prostata e complicanze associate (calcolosi della vescica, diverticoli ) utili sulla indicazione al tipo di intervento da eseguire.

L’esplorazione rettale ha lo scopo di valutare il volume ghiandolare, accertare la consistenza della prostata escludendo grossolane irregolarità che possano far penare ad una neoplasia.
Il significato del PSA è, quando indicata l esecuzione, escludere di una neoplasia prostatica obiettivamente non evidente.

Maggiore il volume raggiunto dalla ghiandola ipertrofica, maggiore sarà il valore di PSA, all’interno di un range di variabilità.

TRATTAMENTO MEDICO DELL’IPERTROFIA PROSTATICA

La terapia medica dell’ipertrofia prostatica si avvale di una serie di farmaci oggi in commercio.

Non esiste un parallelo assoluto tra volume della prostata ed entità dei disturbi.

Non sempre infatti una “grossa ipertrofia prostatica” determina delle ripercussioni sul funzionamento della vescica.

I farmaci efficaci oggi in uso sono di due classi:

A) Alfa litici, che rilasciano lo sfintere interno contratto per la presenza del tessuto prostatico a ridosso dell’imbocco della vescica.

B) Inibitori dell’a 5 alfa reduttasi, un enzima che trasforma il Testosterone, l’ormone maschile per eccellenza, in nutriente per la prostata; la brusca diminuzione del nutriente prostatico determina una progressiva riduzione del volume della prostata e in ultima analisi una riduzione dei sintomi e delle complicanze dell’ostruzione.

Esistono poi farmaci diversi, fitoterapici in genere, che trovano spazio in situazioni particolari

TRATTAMENTO CHIRURGICO DELL’ IPERTROFIA PROSTATICA

L’ indicazione al trattamento nasce da una serie di considerazioni (assolute e relative) mai smentite

Tra le più importanti indicazioni assolute vi è la presenza delle complicanze più importati dell’ostruzione: calcolosi vescicale, ritenzione cronica d’urina, infezioni urinarie recidivanti, presenza di diverticoli vescicali.

Le indicazioni relative all’intervento sono dettate da una serie di valutazioni sulle condizioni minzionali riassunte dal paziente in risposta ad un questionario specifico, dalle necessità del Paziente, dalla presenza di condizioni particolari.

La mancata risposta alla terapia medica è un’altra indicazione ad intervento.

L’intervento per ipertrofia prostatica viene eseguito con diverse metodiche ma l’obiettivo comune alle metodiche è l’asportazione della sola zona centrale della prostata, lasciando intatta la porzione periferica; si asporta la polpa della mela, lasciando la buccia intatta.

TURP

TURP è un acronimo inglese che si traduce come “resezione transuretrale della prostata”. Si tratta di una metodica trentennale molto diffusa che permette l’asportazione della porzione ipertrofica della prostata, anche di volume decisamente importante. Fa uso di uno strumento particolare, il resettore (foto.4), che risalendo lungo il canale

turp

foto.4

uretrale, dal meato esterno giunge sino alla porzione prostatica e “affetta” l’area da trattare (foto.5).

 

Al termine dell’intervento, che viene condotto generalmente in anestesia spinale, viene inserito un catetere vescicale che drenerà le urine per 1 o 2 giorni.

Si tratta di un intervento endoscopico, quindi senza incisioni sulla pelle, che necessita di una degenza di solamente 2/4 giorni.

foto.5

HOLEP

(Altro acronimo inglese che indica la enucleazione della prostata ipertrofica mediante laser a Olmio) la asportazione della porzione di prostata ipertrofica viene eseguita scollando, sempre per via endoscopica e quindi senza taglio, la prostata interna dalla porzione periferica della ghiandola, mediante un fascio di energia fornito dal laser ad olmio; il sanguinamento è in genere modesto, e’ possibile asportare anche grandi volumi di tessuto prostatico. Al termine dell’intervento viene posizionato un catetere che rimane in sede in genere fino al giorno successivo.

Patologia prostatica

foto.6

Vaporizzazione con laser e greenlep: (la metodica viene spesso chiamata semplicemente “Green laser”) il tessuto prostatico, viene vaporizzato da un laser particolare, detto green laser (foto.6), o scollato ed asportato con modalità analoga alla Holep.

La differenza tra le due metodiche (vaporizzazione e greenlep) risiede nella potenza impiegata, nel volume prostatico da asportare, ed in ultima analisi nella complessità dell’intervento.

Al termine dell’intervento viene riposto un catetere che verrà rimosso il giorno successivo.

Chirurgica: la porzione ipertrofica della prostata viene asportata con una incisione chirurgica; si tratta di un intervento riservato a condizioni particolari, che permette la asportazione anche di elevatissimi volumi prostatici, di trattare al contempo la patologia associata, ma richiede una degenza maggiore.

RISULTATI E COMPLICANZE

I risultati sono in genere ottimi, con qualsiasi metodica.

La percentuale di successo dipende da una corretta diagnosi.

REZUM

La chirurgia per la risoluzione dell’ostruzione conseguente a ipertrofia prostatica è una delle procedure piu’ frequentemente eseguite nei paesi occidentali.

Le indicazioni alla procedura chirurgia disostruttiva sono generalmente dettate dall’entità del disturbo lamentato, a volte talmente fastidioso da limitare la qualità di vita del paziente , dalla presenza di condizioni secondarie alla ostruzione (calcolosi vescicale, ritenzione cronica urinaria, ripetuti episodi di ritenzione acuta).

Esistono diversi tipi di proposte chirurgiche per la risoluzione dell’ostruzione: dai piu’ datati ( ugualmente efficaci nella rimozione dell’ostruzione) ai piu’ moderni (maggiore efficacia legata a diminuzione della degenza post operatoria, al minore dolore post operatorio, al piu’ rapido recupero post operatorio, al minore sanguinamento)

Numerosi sono gli studi clinici che mettono a confronto le varie terapie chirurgiche cruente: tutte presentano pro e contro, tutte si rivelano efficaci nella risoluzione dell’ostruzione secondaria all’ipertrofia prostatica; ciò che differisce tra di loro è l’entità e il tipo di complicanze possibili.

Oggi sostanzialmente è possibile mettere sullo stesso piano la TURP con metodica bipolare, e le varie forma di disostruzione che ricorrono ad energia laser.

Se facciamo una indagine su qualsiasi motore di ricerca e alle chat relative, troveremo lamentele o lodi per ognuna delle metodiche proponibili.

Tutte le metodiche chirurgiche proponibili mostrano comunque effetti collaterali: sanguinamenti , degenza ospedaliera, retroeiaculazione.

Quest’ultima in particolare è assai temuta tra i pazienti più giovani ma comunque può determinare alterazioni nel rapporto di coppia in ogni età.

La eiaculazione si verifica quando le vescicole seminali si contraggono ciclicamente, spremendo il proprio contenuti al’interno dell’uretra, subito al di sotto della vecsica in una zona denominata collicolo seminale; da qui le contrazioni della muscolatura periuretrale trasportano lo sperma lungo l’uretra sino alla punta del pene.

Se, in corso di eiaculazione , lo sfintere pregenitale non è funzionante ( farmaci, malattie neurologiche, interventi chirurgici) la vescica funzionacome una cavità aperta a bassa pressione e lo sperma vi fluisce all’interno.

Macchinario REZUM

Foto 1

La retroeiaculazione dopo chirurgia prostatica è legata proprio all’abbattimento dello sfintere pregenitale, una piccola struttura muscolare che durante l’orgasmo maschile si contrae, chiudendo l’accesso alla vescica e impedendo impedendo di fatto la retroeiaculazione.

Oggi sono sempre più presenti proposte metodiche alternative per la risoluzione dell’ostruzione, che all’efficacia disostruttiva leghino anche il risparmio dell’eiaculazione anterograda e limitino drasticamente gli altri svantaggi..

Il Rezum è una di queste proposte innovative.

Numerosi studi ne hanno comprovato l’efficacia clinica, anche a distanza di anni, unita alla preservazione dell’eiaculazione.

La metodica si basa su un danno termico indotto sul tessuto prostatico mediante il rilascio di vapore acqueo.

Macchinario Rezum

Foto 2

In foto 1 e 2 è presentato il macchinario (delle dimensioni di una piccola valigia) ove esiste un circuito di acqua sterile che viene portato in temperatura formando vapore.

Il volume totale di acqua che verrà sfruttata è inferiore ai 5 ml

 


Il vapore viene portato a contatto con la prostata per via transuretrale, grazie ad una pistola (Foto 3) introdotta all’interno di uno strumento ottico, che presenta un piccolo ago deputato al rilascio del vapore all’interno della prostata (Foto 5).

Il rilascio di vapore avviene per un tempo totale di 8 secondi (Foto 6) e viene ripetuto per un numero totale di volte funzione della lunghezza dell’uretra prostatica

Al termine della procedura si inserisce un catetere vescicale che il Paziente porterà per circa 7 giorni

La procedura viene eseguita in sedazione; dopo qualche ora dal termine della procedura il Paziente viene dimesso.

Rezum

Foto 6 – Rezum in funzione

I vantaggi: assenza di degenza, modesto sanguinamento da catetere, assenza di retroeiaculazione, efficacia disostruttiva.

Gli svantaggi: catetere post intervento per una settimana, possibilità di modesta ematuria ( sangue sulle urine), bruciore uretrale e perineale dominabili con paracetamolo.

I vantaggi della procedura sovrastano gli svantaggi, pur presenti.

 

Trattandosi comunque di una procedura chirurgica effetti collaterali o svantaggi sono comunque da considerare.

Esistono numerosi studi europei e nord americani, riportati su letteratura di alta fascia, che comprovano l’efficacia del trattamento a distanza di anni dal trattamento.

Non esiste teoricamente un limite al volume ghiandolare che è possibile trattare; mentre invece eiste un volume minimo per il trattamento ci circa 30 ml.

2. CANCRO DELLA PROSTATA

Il cancro prostatico ha origine dalla porzione piu’ periferica della ghiandola prostatica.

Si tratta di una malattia purtroppo molto frequente.

Dietro il termine cancro della prostata si celano diverse malattie o diversi tipi di cancro, ognuno dotato di una attività diversa.

Esistono cioè delle neoplasie prostatiche di bassa o scarsa attività e significato biologico (tipico è il cancro prostatico dell’anziano) che non necessitano di alcuna terapia perchè non daranno mai manifestazione clinica; altre forme invece, sono molto aggressive che tendono a dare precoci manifestazioni cliniche e necessitano di una rapida risposta terapeutica.

Tra questi due estremi esiste un ampio spettro di malattia con diverso significato clinico e di decisione terapeutica talora assai difficile.

DIAGNOSI

La diagnosi nella maggior parte dei casi oggi avviene a seguito del riscontro di incremento del PSA .

PSA

E’ una proteina prodotta dalla prostata che si rinviene nel sangue

Più elevato è il valore, maggiori sono le possibilità che all’origine dell’incremento ci sia un cancro prostatico.

Non esiste un valore assoluto, normale, per il PSA: un valore normale per un uomo sessantenne, non puo’ certamente andar bene per un uomo di 40 anni.

Più basso è il valore di PSA, come concetto generale, più basso è il rischio di sviluppare, nell’arco temporale della vita, una neoplasia prostatica.

Il PSA cioè rappresenta solo un evidenza di rischio di malattia, fattore di rischio che come tale andrà tenuto in considerazione clinica.

BIOPSIA PROSTATICA

E’ il momento diagnostico finale e insostituibile per la conferma del sospetto di neoplasia prostatica.

Si tratta di una proceduta di pochi minuti; sulla guida di una sonda ecografica che vede la prostata con accesso transrettale  o trans perineale, si guida un ago che punge la prostata e al contempo preleva dei piccoli frammenti che verranno esaminati dal patologo (foto.7).

foto.7

La procedura è condotta con breve anestesia ed è indolore.

E’ necessaria una copertura antibiotica preventiva per diminuire il rischio di infezione.

TRATTAMENTO DEL CANCRO PROSTATICO

Se la biopsia prostatica conferma la diagnosi di neoplasia prostatica è necessario prevedere un trattamento.

Il trattamento è funzione dell’età del Paziente, dello stadio clinico di malattia e dall’aggressività della malattia.

Prima di procedere al trattamento della malattia è quindi necessaria una stadiazione di malattia; si vuol conoscere, quanto piu’ esattamente possibile, lo stadio clinico di malattia.

Stadio di malattia significa estensione della malattia:

malattia intracapsulare : malattia confinata alla prostata

Malattia localmente avanzata: malattia che invade i tessuti immediatamente adiacenti alla prostata

Malattia linfonodale: malattia che ha coinvolto i linfonodi regionali

Malattia metastatica: presenza di malattia prostatica al di fuori dei linfonodi e generalmente alle ossa.

L’osso è infatti la sede più frequentemente colpita dalla neoplasia prostatica avanzata, che solo tardivamente o in casi rari e particolari, da metastasi fuori dalle ossa.

La stadiazione della malattia si basa principalmente sul valore di PSA, l’aspetto istologico del tessuto alla biopsia, e la esplorazione rettale.

Oggi assai spesso viene eseguita la Risonanza multiparametrica della prostata (mpRMN).

Solo nei casi dubbi si esegue la PET, e la scintigrafia ossea.

Il trattamento del cancro prostatico varia quindi in funzione dello stadio di malattia e del quadro clinico e puo’ essere rappresentato dalla semplice osservazione e controllo clinico nel tempo, per i tumori a scarsa attività: in tale caso il controllo clinico, il controllo del PSA, la ripetizione della biopsia prostatica talora, sono parametri da monitorare per ottenere le informazioni necessarie al controllo.

Terapia medica: per le forme metastatiche (in linea generale); la terapia medica si avvale di farmaci che bloccano il Testosterone, impedendo alle cellule prostatiche di avere un substrato di nutriente e quindi bloccandone lo sviluppo anche per lunghi periodi.

Talvolta alla terapia medica con inibitori del testosterone, si associa chemioterapia sistemica.

La terapia radiante , quando indicata in pazienti selezionati, è una terapia in grado di guarire la malattia.

TERAPIA CHIRURGICA

Se si decide essere necessario un intervento chirurgico è possibile espletarlo con diverse modalità.

L’obiettivo di tutte le tecniche di prostatectomia radicale è comunque lo stesso: la completa asportazione della ghiandola prostatica dove è presente la malattia.

APPROCCIO APERTO TRADIZIONALE O RETROPUBICO (foto.8)
foto.8

Si esegue una incisione che va da sotto l’ombelico al pube, si accede alla pelvi, lo spazio dell’addome che contiene la vescica e la prostata, e si asporta la prostata nella sua interezza (quindi la intera mela) e le strutture immediatamente adiacenti, vescicole seminali e dotti deferenti adiacenti, e la porzione di uretra che è avvolta dalla prostata , se necessario i linfonodi intorno alla prostata.

La asportazione della intera prostata determina la creazione di una soluzione di continuità tra la vescica e l’uretra,  interruzione che verrà ricostruita mediante una nuova sutura tra la vescica e l’uretra .

APPROCCIO LAPAROSCOPICO
foto.9

Questo approccio prevede delle piccole incisioni sulle quali si introducono dei speciali tubi cavi di diametro variabile (trocars).

attraverso i quali si introducono degli strumenti (pinze e forbici) ed una telecamera (foto.9)

Patologia prostatica
foto.9
foto.10

Si distende l’addome con del gas in modo da creare una sorta di pallone al cui interno lavorare, ove giace il nostro obiettivo chirurgico (foto.10)

Con la telecamera si osservano i movimenti degli strumenti su uno schermo ottenendo grazie a questa visione il controllo della guida dell’intera procedura.

La prostata viene asportata per intero esattamente come in chirurgia aperta. I tempi di ricostruzione dopo la asportazione sono identici.

La procedura è eseguita osservando il movimento degli strumenti sul piano chirurgico tramite un monitor, quindi come quando si guarda la TV, non si ha il senso della profondità o la tridimensionalità.

APPROCCIO ROBOTICO

La prostatectomia radicale robot assistita è una procedura relativamente recente, che miscela l’approccio laparoscopico ( quindi la introduzione di strumenti di piccolo calibro attraverso delle piccole incisioni) , la tecnologia del movimento computerizzato sulla guida delle nostre dita degli strumenti introdotti.

E’ un po’ come pensare ad una play station estremamente tecnologica, affidabile, e precisa, dove al movimento di un piccolo tasto corrisponde un movimento di un cursore sullo schermo.

Il robot consta di due unita: una consolle (foto.11)

foto.11

dove il chirurgo opera distante dal campo operatorio, e da cui muovendo dita, mani e piedi, comanda il movimento gli strumenti .

Un corpo, fissato al di sopra del Paziente (foto.12),

foto.12

da cui fuoriescono delle braccia meccaniche articolate che comandano il movimento degli strumenti introdotti con cui le braccia sono in continuità.

Inoltre l’immagine è tridimensionale e magnificata e questo permette di ottenere dettagli anatomici non comparabili con altre tecniche. (foto.13)

Patologia prostatica
foto.13

Al termine della procedura, qualsiasi essa sia, la prostata viene inviata al patologo, che valuterà l’aspetto istologico (confermando o modificando quanto presente alla biopsia) e fornirà lo stadio di malattia (stadio patologico o definitivo).

Lo stadio patologico di malattia fornisce informazioni sullo stato dei tessuti immediatamente circostanti la prostata e sui linfonodi qualora asportati; fornirà insomma un quadro definitivo dello stadio di malattia, e un giudizio prognostico sulla malattia, confermerà cioè se la malattia è stata asportata per intero o se ci siano rischi di ricomparsa della stessa, o la necessità di terapia ulteriore.

QUALE TECNICA SCEGLIERE?

Non esiste ad oggi una tecnica superiore ad un’altra; esistono vantaggi e svantaggi per ogni tecnica.

Certamente le metodiche meno invasive permettono un piu’ precoce recupero che si traduce in una minore degenza in ospedale; certamente il recupero della funzione erettile, ove possibile risparmiarla, e della continenza, sono piu’ rapidi.

Però ad oggi i risultati a lungo termine sono sovrapponibili.

RISULTATI E COMPICANZE

Il risultato finale della chirurgia ( obiettivo è la guarigione completa) è funzione dello stadio di malattia; per le malattie intracapsulari, la percentuale di guarigione completa è altissima, con variazione in funzione dell’aspetto istologico.

Le complicanze sono legate all’atto chirurgico in sé: incontinenza urinaria, (2% circa), impotenza, lesioni agli organi circostanti, in genere legate alla invasione delle strutture da parte della neoplasia.

La incontinenza , intesa come la fuga d’urina in occasione di sforzi, è presente in percentuale inferiore al 2% e dipende da varie condizioni: lo stato dei tessuti ( i fumatori tendono ad avere una peggior qualità), le condizioni anatomiche, la estensione locale del tumore, l’ esperienza del chirurgo.

Impotenza; l’incidenza di questa condizione è variabile e dipende dalle condizioni del paziente (comorbidità come diabete, arteriosclerosi, cardiopatie, fumo, ipertensione) dalle condizioni della neoplasia (aggressività ed estensione) e dal tipo di procedura adottato.

PROCEDURA ADOTTATA:

Nerve sparing versus non nerve sparing

In alcune condizioni altamente selezionate, quando la malattia sia di aggressività ridotta, lo stadio locale di malattia risulti basso ( la possibilità che la neoplasia superi il confine della prostata sono assai scarse), le condizioni del paziente siano eccellenti, è possibile eseguire una procedura nerve sparing.

Cosa vuol dire nerve sparing? Letteralmente significa risparmio dei nervi.

I nervi che portano lo stimolo erettile al pene (la complicata risposta vascolare che presiede al meccanismo dell’erezione) vengono chiamati nervi erigentes.

Decorrono strettamente vicini alla prostata anzi, decorrono nello spessore di una specie di rivestimento esterno della prostata che anatomicamente già di questa è parte.

Si tratta di strutture invisibili ad occhio nudo, quindi la loro identificazione avviene solo attraverso il riconoscimento di alcuni punti anatomici dove sono racchiusi: la guaina appunto.
Nelle condizioni in cui il risparmio di questa guaina è possibile e prudente, è possibile eseguire una procedura detta nerve sparing.

La guaina viene meccanicamente scollata dalla prostata ed i nervi risparmiati.

Nella procedura nerve sparing tuttavia intervengono talmente tanti fattori di incertezza che soltanto il risultato finale, anche a distanza di tempo superiore all’anno dall’intervento, dirà se la tecnica è risultata la efficace.


3. PROSTATITI

Un’altra patologia molto frequente della prostata è rappresentata dalle prostatiti.

Si tratta di una affezione molto frequente, basti pensare che dal 16 fino al 25% delle visite ambulatoriali urologiche sono legate a sintomi riconducibili a prostatite.

Il suffisso ITE indica la presenza di infiammazione.

L’infiammazione può essere legata a infezione batterica acuta (prostatite acuta batterica) o essere non correlata con infezione in atto.

Le prostatiti batteriche acute si presentano immancabilmente con importanti disturbi urinari (minzione difficoltosa, minzione frequente , dolore o bruciore minzionale) e febbre; si tratta di una affezione che va curata rapidamente con terapia antibiotica appropriata e prolungata nel tempo , per evitare una cronicizzazione dell’infezione.

Le prostatici croniche possono avere una correlazione con una infezione batteriche precedente, e la cura sta nella adeguata terapia antibiotica.

Le prostatiti tendono a divenire croniche perchè la diffusione degli antibiotici all’interno della prostata è difficile ed avviene solo per alcuni farmaci.

Le prostatiti croniche possono essere completamente sganciate da una infezione batterica: in tal caso si parla di prostatite cronica tipo III (3)

Il trattamento delle prostatici croniche tipo III è complesso, si entra a far parte di un enorme ambito di patologia (noto come dolore pelvico cronico), spesso multimodale (ossia entrano in gioco diversi specialisti e diversi trattamenti).

DIAGNOSI E COMPICANZE

La diagnosi di prostatite acuta è clinicamente semplice e non richiede alcuna indagine particolare; la cura è legata ad una adeguata scelta e durata dell’antibioticoterapia.

La diagnosi di prostatite cronica si avvale di un test particolare noto come test di Meares o Stamey: il paziente esegue un esame urine sulle urine del primo mitto (i primi 10-20 ml della minzione eventuale) del mitto intermedio, e quindi il terzo getto dopo massaggio prostatico ; questa manovra ha lo scopo di fare fuoriuscire dalla prostata fino all’uretra, eventuali germi presenti nella prostata.

Un 4^ campione viene inviato in laboratorio qualora presente al massaggio prostatico una secrezione che affiori dal meato uretrale esterno.

Le complicanze di una prostatite acuta sono legate alla possibilità di cronicizzazione, e alla sepsi (ossia alla diffusione sistemica dell’infezione) quando non adeguatamente trattata.

La prostatite cronica mostra diversi gradi di severità, da una malattia che periodicamente riaffiora con modesti disturbi in genere legati a dolore, fino ad una malattia invalidante con conseguenze sociosanitarie rilevanti.